Dinastia Costantiniana (306-363)
Costantino I( 306-337), (lat. Flavius Valerius Constantinus) imperatore, detto il Grande. - Imperatore romano dal 306 al 337. Nacque probabilmente nel 280, da Costanzo Cloro e da Elena, a Naisso (Mesia); visse prima alla corte di Diocleziano, seguì poi il padre in Britannia e alla sua morte fu acclamato imperatore dall'esercito (306), ma non fu riconosciuto da Galerio. Vinse i Franchi e gli Alamanni, si alleò quindi con Massimiano e ne sposò la figlia Fausta, ma quando questi congiurò contro di lui lo fece uccidere (310). La morte di Galerio (311) portò allo sfacelo del sistema tetrarchico e all'alleanza tra Massimino e Massenzio contro C. e Licinio. C. dalla Gallia valicò le Alpi, vinse a Torino, conquistò Milano, Verona, e nella battaglia del ponte Milvio (28 ott. 312) vinse Massenzio che morì nel crollo di un ponte sul Tevere. C. fu riconosciuto Augusto dal senato, sciolse il corpo dei pretoriani, a Milano (313) emanò il decreto di tolleranza verso i cristiani. Morto Massimino, C. e Licinio furono i soli capi dell'Impero; essi vennero in lotta quando Bassiano, da C. nominato Cesare, gli si ribellò per istigazione di Licinio; C. condannò a morte il ribelle, vinse quindi Licinio a Cibale in Pannonia (314); una seconda battaglia al Campo Mardiense (tra Filippopoli e Adrianopoli) ebbe esito incerto. Nella pace che seguì, Licinio cedé la Mesia e la Pannonia; i figli di C., Crispo e l'omonimo C., e il figlio di Licinio, Liciniano, furono nominati Cesari. Nel 324 C. intervenne in Tracia, provincia di Licinio, per respingere una invasione di Goti: Licinio, considerando l'intervento violazione di territorio, dichiarò guerra a C., ma fu vinto ad Adrianopoli e a Crisopoli, e dovette arrendersi; poi, avendo stretto accordi con i barbari del Danubio, fu condannato a morte. C. dal 324 rimase unico imperatore. Subito dopo fece uccidere il figlio Crispo a Pola e poi la moglie Fausta a Costantinopoli, l'antica Bisanzio, cui diede il suo nome quando nel 326 vi trasportò la capitale, data la situazione strategico-economica dell'Impero; con tale decisione (dettata forse anche dal desiderio di rompere la tradizione pagana più viva in Roma) . Nel 332 i Goti furono vinti dal figlio C. II; a 300.000 Sarmati nel 334 fu concesso di stabilirsi nelle province del Danubio e in Italia. Nel 335 C. divise l'amministrazione dell'Impero tra i figli C. II, Costante, Costanzo, e i nipoti Delmazio e Annibaliano. Quando Sapore II di Persia pretese alcune province orientali, C. marciò contro di lui, ma durante il viaggio morì presso Nicomedia (337).. C. attuò inoltre una radicale riforma dei poteri dei prefetti del pretorio, privati ormai delle funzioni militari, per conservare invece quelle amministrative e giuridiche ed essere collocati al di sopra dei vicarî dell'organizzazione dioclezianea, nel quadro di una ripartizione dell'impero in quattro prefetture (delle Gallie, d'Oriente, d'Italia e Africa, dell'Illirico), ridottesi a tre dopo la morte di Costantino (con il decadimento dell'Illirico dalla condizione di prefettura). Il comando supremo dell'esercito era affidato all'imperatore, dal quale dipendevano direttamente il magister peditum (capo della fanteria) e il magister equitum (capo della cavalleria); le due cariche potevano cumularsi in quella del magister utriusque militiae. Con C. assumeva particolare importanza la presenza di una forza militare acquartierata vicino alla residenza dell'imperatore; si preparava così quella contrapposizione tra esercito comitatense ed esercito limitaneo, che sarà in atto dall'età di Valentiniano I e di Valente (mentre formalmente si distingueva ancora tra legiones e auxilia, questi ultimi preponderanti e sempre più esposti alla penetrazione di elementi germanici e sarmatici). L’importanza di C. è però legata soprattutto alla politica verso il cristianesimo al quale concesse pienezza di libertà e di diritti. Dapprima pagano, C. come primo atto di adesione al cristianesimo avrebbe fatto incidere sugli scudi dei soldati il monogramma di Cristo, destinato a ornare lo stendardo imperiale (labarum), seguendo un'ispirazione che avrebbe avuta in sogno, alla vigilia della battaglia del ponte Milvio (v. in hoc signo vinces), nel 313 con l'editto emanato a Milano (e firmato anche da Licinio) diede al cristianesimo riconoscimento ufficiale, poi confermato ed esteso da successive leggi, soprattutto nell'ultima parte del suo regno, dichiarandosi egli stesso cristiano (per quanto ricevesse il battesimo solo sul letto di morte). Molte statue gli furono erette a Roma, a Costantinopoli e altrove. ▭ In suo onore il senato decretò l'erezione di un arco di trionfo presso l'Anfiteatro Flavio. L'arco di C., tuttora esistente, il più ricco degli archi trionfali di Roma, ha tre fornici, ed è decorato, oltre che da rilievi presi da altri monumenti (traianei, adrianei e antoniniani), di fregi figurati celebranti la vittoria a ponte Milvio e le altre imprese dell'imperatore. Una statua equestre (perduta) gli fu eretta nel Foro, e un altro arco quadrifronte (cosiddetto Arco di Giano) nel Foro Boario. Altri edifici costantiniani in Roma furono le Terme sul Quirinale, le Terme Eleniane attigue al Palazzo Sessoriano, del quale restano alcune sale. L'improvviso fiorire dell'architettura cristiana, che seguì l'editto del 313, trovò valido appoggio da parte dell'imperatore. Numerosi furono gli edifici sacri - poi trasformati e ricostruiti nei secoli successivi - sorti per suo volere in tutto il territorio dell'Impero: a Costantinopoli (SS. Apostoli), nei luoghi santi della Palestina, ad Antiochia sull'Oronte, a Roma (basiliche di S. Pietro e di S. Giovanni in Laterano, mausoleo e basilica di Torpignattara, mausoleo e basilica maggiore di S. Costanza, ecc.).